sabato 22 giugno 2013

Romantico come la schiuma della birra.

Meno male che abiti vicino alla stazione, così non devo spendere i soldi per il biglietto della metro.
Cammino nel sole, coi miei occhiali graffiati, con le lenti di plastica e una grande borsa di pelle finta con una cinghia di plastica che mi sega la spalla.
Sono nervosa, è già la quinta volta che ascolto la stessa canzone di Billie Joel ma la mia mente è asciutta come la mia gola, non riesco a pensare ad altri brani da ascoltare.
In treno in realtà mi sono sbizzarrita con canzoni d'amore, uomini soli che gridano rochi nella notte.
Tu sei uno di quelli, o meglio lo diventerai, sei ancora giovane, il tuo romanticismo ha lo stesso sapore della schiuma della birra che mi hai offerto: leggerezza, giovinezza, libertà.
Quella birra non l'hai pagata, ma me l'hai portato come se non fossi una sconosciuta.
La mia gola è sempre più secca, le mie labbra fumano un'altra sigaretta: fumi anche tu, quindi non dovrò sprecare 2.50€ per un pacchetto di caramelle all'arancia.
Mi è sempre piaciuta l'idea di profumare di agrumi. Voglio che gli uomini che mi abbracciano sentano il profumo che rubo a mia madre, bacino le mie labbra di arancia e si ricordino improvvisamente di me, a mesi di distanza, durante una colazione all'aperto, guardando un succo arancione spremuto a mano. Ma anche al bancone di uno squallido autogrill, non voglio essere pretenziosa.
Comunque non ho 2.50€ da spendere.
Sono da te, finalmente.
Dopo un mese passato a ringraziare mentalmente il mio operatore telefonico che mi fa inviare SMS senza spendere troppo.
Ti bacio, anche se ho ancora sete.
Sei tu, sento dentro di me la schiuma della birra, il rumore di una stazione a mezzanotte, i tramonti viola di Milano.
Non abbiamo fame. Abbiamo tempo, spazio, un letto matrimoniale che si rompe se ti ci rotoli sopra.
Ti chiedo di chiudere la finestra, c'è troppo sole.
Non voglio che tu veda il sangue in piccoli grumi sul mio polpaccio. Mi sono tagliata per sbaglio con il rasoio, stamattina, mentre mi preparavo. Sarei dovuta andare in un centro estetico a farmi una vera ceretta ma costava troppo quindi mi sono arrangiata.
Anche se non ho soldi, volevo essere bella per te.


A questo prezzo posso esserlo solo per un giorno, forse due, ma non importa, perchè siamo qui ora a dimenticarci tutto.
Perchè stringerti e riderti nell'orecchio non dovrebbe costare nulla, no?
Non mi importa, non ti importa, non ci importa.
Non mi importa se finito di amarci ci verrà fame ma dovremo dividerci un piatto di pasta, l'acqua del rubinetto, la stessa sigaretta.
Non importa che tu, ora disteso su di me, con la testa sul mio seno, mi chiederai qualche spicciolo per il tram.
Ancora non è il momento di alzarsi, rimani su di me.
Ti prego. Perchè non costa nulla guardarmi negli occhi come poco fa non costava intrecciare lentamente le tue dita con le mie.
Rimani qui, non voglio sapere quanto costa una vita indipendente, non voglio dirti che non ho abbastanza soldi per uscire di casa, non voglio parlare di emigrare, non voglio.
Non voglio uscire da qui perchè abbiamo delle cose da fare. Non voglio ammettere che cose da fare è solo un modo per dire lavoro non pagato.Non te ne andare. Nella mia borsa gigante non c'è nemmeno un ombrello, non chiedo il tuo, ma almeno proteggimi  finchè puoi, sotto il cielo di Milano che comincia a piangere quando mi accarezzi il viso.
Baciami un po' di più, questo non costa te lo giuro, lasciati abbracciare come prima, quando nulla importava.
Mi dici di non ammalarmi sotto la pioggia.
Ti rispondo che sono fatta di acciaio.
Scappi via, senza soldi, senza guardarmi. La testa tra le nuvole.
Acciaio. Senza soldi , senza ombrello e senza quella piccola carezza che mi faceva dimenticare il portafoglio che si svuota e si riempi di biglietti del treno usati e scontrini di birrerie, momenti con te.
Comincia a grandinare, l'unico palazzo in cui potrei nascondermi è il tuo, ma devo andare.
La borsa gigante e la pelle finta si allagano. Sotto, nel portafogli, un volantino del posto in cui incontrammo, e gli scontrini dei momenti insieme.
Manca uno scontrino.Quello della birra che mi portasti, con quella schiuma che sapeva di giovinezza, leggerezza, libertà.
Di non importa.
Senza soldi ci siamo respirati.
Ora siamo ancora senza soldi. E senza amore, quello non c'è mai stato.
Avrei desiderato un'altra carezza.
Ora non starei comprando un pacchetto di fazzoletti per le due lacrime sulle mie guance.


Foto: http://sea-of-ice.deviantart.com/

venerdì 7 giugno 2013

Mi piace parlare d'amore. Ovvero la premessa di un progetto.

Mi piace parlare d'amore.
Ormai devo dichiararlo, mi stanco a nasconderlo.
Sono innamorata? Della serie "messaggino del buondì e weekend romantici"?
No, non lo sono.
Forse non lo voglio essere.
C'è troppa confusione, fuori da questa poltroncina, per innamorarmi.


Voglio innamorarmi in una libreria, con le luci al neon, la musica lirica, il silenzio di chiesa.
Qui amare l'amore mi pare possibile e meno stupido. Amare l'amore, alla perfezione.
Reale, razionale. Amare.
Mi piace parlare
d'amore.
Leggere poesie o i racconti e gli stupidi film! I baci sotto la pioggia.
Sempre pensato di voler essere come loro, essere loro.
In realtà mi piace guardare e idealizzare.
Amore non nella mia vita, ma in qualcosa che creo.
E sarò romantica, sdolcinata e patetica.
Ma quello che ho davanti agli occhi è bellissimo.

Ci sono persone che vanno in crisi quando si innamorano, e lì ci sono litigi e corna, e urla, e paure e un sacco di cose inutili. Fanno fatica ad accettare di provare questo tipo di sentimento.
Io l'ho accettato poco fa.
Voglio parlare d'amore.

Qui, nel bel mezzo del deserto del mio blog (che io curo poco, ma amo molto) mi riprometto di cercare, registrare e trascrivere storie d'amore. Ok, trascrivere no, sento che le modificherò, un pochino. Un pochetto. Poco, come faccio con quelle che parlano di me.
Qualcuno vuole parlare d'amore con me?
Voglio scriverne e poi battere tutto a macchina e legarlo con dei nastrini azzurri.
Come un pacco di lettere d'amore.
Giusto per farlo sembrare perfetto.
Il mio piccolo progetto bislacco.

Caccia alla storia d'amore.

Amo tutto ciò che è stato,tutto quello che non è più,il dolore che ormai non mi duole,l'antica e erronea fede,l'ieri che ha lasciato dolore,quello che ha lasciato allegriasolo perché è stato, è volatoe oggi è già un altro giorno.
F. Pessoa 
 

 

domenica 21 aprile 2013

Ricordi che non saranno ricordati (Wonderful wonderful)


Spesso Karen si chiede quali saranno i suoi ricordi più vividi.
E' un pensiero che cerca di scacciare per tutta la giornata, fino a che non si ritrova nel suo letto con le coperte lillà.
Se oggi, o domani, o l'altro giovedì saranno da lei ricordati a lungo.
Se si tramuteranno in ricordi vividi e sentiti oppure verranno persi in mezzo a un marasma di carte e vecchi libri.
Karen ha sempre immaginato la sua testa come una specie di vecchia soffitta piena di mobili, scaffali, centinaia di scatole contenenti oggetti bellissimi e delicati o fotografie. Che non abbia fotografie stampate di sé  dopo i dieci anni non ha importanza. O anche che non abbia mai realmente visto una vera soffitta.
© Julia Geiser
Karen continua a rigirarsi nel letto. Non riesce a dormire. Spesso si ritrova al buio con gli occhi spalancati, prigioniera dei suoi pensieri.
Avrebbe tutto il giorno per pensarci. Mentre fa la spesa, mentre cucina, mentre vive una vita che le sembra unica - ma non per questo speciale- all'ombra dei suoi desideri.
Quello che si chiede è: come faccio a sapere che un giorno si ricorderà di quello che sta vivendo ora?
Questo vale per ogni aspetto di una vita.
"Mi ricorderò delle notizie politiche tra 20 anni? Saranno state l'inizio della fine, la fine della fine o solo bizzarri avvenimenti che saranno stati sistemati?"
Karen comincia a mangiucchiarsi l'unghia del pollice, al buio, sotto le coperte lillà
"Mi ricorderò di quanti volessi quel cioccolatino?" Unghia dell'anulare.
"Mi ricorderò di quella sigaretta che non sono riuscita a fumare perchè il pacchetto era vuoto? Probabilmente no. E dire che mi aveva così tanto fatto innervosire." Terminate le prime cinque unghie, Karen passa all'altra mano.
Karen ha un problema.
Spesso si trova ad ascoltare canzoni che vorrebbe ricordare, ma non riesce mai ad appuntarsele per riascoltare.Finisce che ascolta solo ciò che ascolta alla radio. Canzoni terribili, stupide e banali. E le piacciono pure!
Solo raramente in qualche fortunata coincidenza ascolta bella musica. Che vuole portarsi dietro, riempendola di significati.
Fa così con tutto quanto
Accumula oggetti, carte, non vuole tagliarsi gli ormai troppo lunghi e scialbi capelli color topo, e diciamolo, ha accumulato anche parecchi chili di troppo. I vecchi vestiti che ha nell'armadio ne sono la prova.
© Julia Geiser
Ultimo mignolo da rosicchiare.
Si chiede cosa finirà in quella soffitta.
Vorrebbe poterla vedere quella soffitta.
Per un secondo, sapere se ci sarà una soffitta.
Se ci saranno rughe, capelli bianchi e "io un tempo ero.."
Vorrebbe poter sbirciare nel futuro ed essere sicura che avrà dei bei ricordi.
Vorrebbe sapere cosa ricorderà.
Vorrebbe sapere quando i sogni si trasformeranno in ricordi.
O forse sì, o forse no.
Vorrebbe che fossero meravigliosi. O vivi, che più o meno è la stessa cosa.
Guarderebbe nel futuro per assicurarmi che un futuro ci sarà.
O se continuerà a essere una semplice impiegata con la gonna troppo stretta, le lenzuola lillà per un letto scomodo, le unghie rosicchiate e le sopracciglia fuori posto. L'aria fuori posto. Anche se non abbastanza da farla intervenire per cambiarla.

Oggi ogni cosa le sembra scivolare via, senza una vera traccia.

Ha smesso di scrivere diari, ha smesso di conservare i biglietti del cinema(anzi,ha smesso di andarci proprio), ha smesso di segnarsi le cose sull'agenda, ha smesso di tagliarsi i capelli, ha smesso di chiamare gli amici, ha smesso di credere che l'amore arriverà da lei e anche che arriverà qualcuno sotto quelle lenzuola lillà, ha smesso di comprare nuovi vestiti, ha smesso di emozionarsi, di studiare, di lavorare, di dormire, di sognare.
No quello no.
Ha smesso di chiedersi quando smetterà di fumare.Ha smesso di volersi un po' bene. Ha smesso di ascoltare buona musica e credere che il mondo sia un posto meraviglioso.
No quello no.

© Julia Geiser
Il mondo è un posto meraviglioso.
Karen accende la luce.Quello che vede, una camera da letto vuota e silenziosa, la spaventa terribilmente.
Decide di spegnere la luce.
Al buio si alza i piedi, le dita sul morbido tappeto.

Nella soffitta della sua testa c'è un giradischi.
Non ha mai posseduto un giradischi, è troppo giovane per averne avuto uno.
Ma ugualmente ne conosce il suono e la magica che può suscitare.
Nella soffitta dei suoi ricordi Karen scopre un giradischi. La soffitta si riempe di musica, dolce e allegra.
Karen balla, la musica arriva forte, anche se è solo un ricordo non ancora vissuto.
Le manca una vita per poter ricordare. Per riempire le scatole della sua soffitta. Per comprare dei mobili che si rovineranno. Per dire "io una volta ero una che ballava di notte, con la musica nella testa"
Karen sorride.

Si infila di nuovo nel letto.
Il piumone e le lenzuola lillà ora sono fresche e accoglienti.
Karen non lo sa, ma nella sua mente -o soffitta dei ricordi che dir si voglia- ora c'è una scatolina minuscola, color rosa pallido con un fiocchetto viola. E' nascosta, lei non la vedrà mai.

Contiene il buio di questa notte, una canzone, e il momento in cui la vita di Karen ha cominciato a cambiare per sempre.
Anche se lei non sarà in grado di ricordarselo.

mercoledì 10 aprile 2013

Raymond Carver, Jack Vettriano e la bellezza vuota di spiare in silenzio.

The Game Of Life, J.Vettriano
Raymond Carver (1938-1988)  scrittore, poeta e saggista statunitense nella sua narrativa racconta di uomini e donne 'normali', personaggi che si possono incontrare tutti i giorni in strada sotto il sole o di notte, alla luce dei lampioni, mentre vagano per la città corrodendosi di pensieri.
Carver entra nelle loro case e li riprende in brevi attimi della loro vita.
Parole e non solo.
Quello che cattura la mia attenzione sono i dettagli: i suoi racconti ne sono ricchi.
In 'Vuoi star zitta, per favore?' (racconto breve del 1976) Marian Ross, moglie del protagonista Ralph, viene così introdotta e descritta:
Fu allora che incontrò Marian Ross - una ragazza magra e dal pallore affascinante che sedeva accanto a lui in un corso su Chaucer. Marian Ross portava i capelli lunghi, indossava di preferenza maglioni con il collo alto e andava sempre in giro con una borsa di cuoio appesa alla spalla con una lunga cinghia
 Qui i pochi elementi consegnatemi dall'autore mi bastano per farla apparire nella mia mente.
Immagino una donna mora infagottata in un maglione marrone, uno di quelli in cui non solo affogare il collo ma anche il mento e le labbra.
Sento la sua risata: non viene descritta ma sono in grado di sentirla come se lei fosse seduta accanto a me in tram.
Vedo penzolare la borsa di cuoio, mi ritrovo a immaginare tutte le cose contenute al suo interno. Libri, quaderni pieni di appunti, penne e cianfrusaglie di ogni genere.
In poche righe conosco Marian Ross. Magari non conoscerò la sua storia, la sua idea della vita o la sua data di nascita. Ma di quante persone che diciamo di conoscere sappiamo individuare questi dati?
Questo è solo uno di decine di esempi di momenti di pura poesia presenti nei racconti di Raymond Carver, momenti di poesia che possiamo ritrovare nella
vita di tutti i giorni narrata dallo scrittore americano.

In thoughs of you, J.Vettriano
Una vita fatta sì di persone, ma anche di oggetti che si rompono e che vivono.
Gli oggetti da lui introdotti appaiono come tanti segnali della vita dei personaggi che scorre, sia che essi li ignorino sia che si ritrovino imbambolati a fissarli.
Aspirapolvere, tende della doccia, il motivo di una tovaglia, il motore di una lavatrice, delle mensole da aggiustare, dei limoni da spremere.

Il caso vuole che stia leggendo Carver e conoscendo i dipinti dei tardi anni '80/anni '90 di Jack Vettriano(1951), pittore scozzese di origini italiane.
Vettriano dipinge donne in atteggiamenti seducenti con i loro uomini, ma anche persone sole, abbandonate a loro stesse, pronte a essere inghiottite da un vuoto che i loro abiti eleganti, i loro mobili e le loro sigarette non possono colmare.
Immancabilmente mi ritrovo, a tarda sera, ad osservare quadri e leggere racconti e poesie di Carver.
Beautiful Loser, J.Vettriano
 Mi avvolgo dell'odore delle loro sigarette, dal calore delle mani che si sfregano.
Occhi e volti illuminati dal sole, dai lampioni. Candele spente.
Non ho il coraggio quasi di respirare, davanti alle loro opere. Non voglio fare rumore, deve rimanere il silenzio che rimbomba nei loro gesti.
Come se li stessi spiando. Li osservo, non conosco la loro vita, ma sono presente qui e ora, in questo momento che forse non ha nulla di speciale, proprio per questo diventa importante.
Li vedo vuoti e impauriti come solo chi ha una vita avviata può essere.
La mente si ribella al vuoto sopportato troppo a lungo. Non abbiamo bisogno di espoldere, per contrastare questo vuoto. Possiamo anche solo per una notte far brillare una scintilla, bere qualche bicchere in più e fumare una sigaretta di troppo, giocando con il suo fumo.
Quei volti che non vedo mi dicono che ci sono momenti in cui si può vivere, non capire, soffrire, spesso sbagliare, continuare a non capire. Forse morire.
Dopo si potrà ritornare a casa o scappare, sorridere, dormire. Dopo.

Rotolare piano nella vita degli altri ha un suo fascino, qualcosa di proibito.
Come dei baci sul collo, dove la pelle è morbida e profumata. Non mi chiedo se sia giusto o sbagliato, preferisco rimanere qui, di notte, con l'eco dei libri tra le dita, un quadro negli occhi e la luce spenta.
I vestiti ancora indosso, le scarpe sul letto, gli orecchini ai lobi delle orecchie.
Una poesia nella testa.
After the thrill is gone, J.Vettriano

Paura di vedere la macchina della polizia fermarsi davanti casa
paura di addormentarsi la notte
paura di non addormentarsi
paura del ritorno del passato
paura del presente che fugge
paura del telefono che squilla nel cuore della notte
paura delle tempeste elettriche
paura della signora delle pulizie con un neo sul viso!
paura dei cani che mi hanno detto che non mordono
paura dell' ansia!
paura di dover identificare il cadavere di un amico
paura di finire i soldi
paura di averne troppi, anche se a questo non ci crederanno mai
paura dei risultati dei test psicologici
paura d'essere in ritardo e paura di arrivare prima degli altri
paura della calligrafia dei miei figli sulle buste
paura che muoiano prima di me e mi sentirò in colpa
paura di dover vivere con mia madre anziana, anziano anch' io
paura della confusione
paura che questo giorno finisca su una brutta nota
paura di svegliarmi e scoprire che te ne sei andata
paura di non amare e paura di non amare abbastanza
paura che quel che amo risulterà letale per quelli che amo
paura della morte
paura di vivere troppo 
paura della morte
l'ho già detta.

Paura, R.Carver

sabato 6 aprile 2013

"Makin' love to his tonic and gin"


Si può viaggiare con poco.

Cominciare qualcosa.



Mi mette ansia aprire un blog.
Che si deve scrivere nel primo post? Si deve dare una qualche spiegazione?
Perchè e percome si apre?
Una cosa che non mette ansia è fare un puzzle.
Non sono certo un’esperta, ma riesco a capire subito chi non è abituato a fare un puzzle.
Quando non si trova un pezzo salta fuori la frase “Ma siamo sicuri che lo abbiano messo nella scatola? Non lo trovo!”
Lo hanno messo nella scatola, prima o poi salterà fuori.
Quando fai un puzzle sai che prima o poi riuscirai a mettere a posto ogni pezzetto, anche se i pezzi sono infiniti e non hai un disegno a cui fare riferimento.
Sì, è una metafora.
Mi faccio chiamare Luce, i puzzle mi aiutano a pensare e ho appena aperto un blog.